TUTTI I COLORI DEL MONDO di Giovanni Montanaro

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica

Anno edizione: 2014

Formato: Tascabile

In commercio dal: 17 settembre 2014

Pagine: 138 p., Brossura

EAN: 9788807885228

 

La scorsa estate, mentre ero immersa nella lunga lettura delle “Lettere a Theo” [http://labibliatra.altervista.org/lettere-a-theo-di-vincent-van-gogh/], mi consigliarono questo romanzo che parlava proprio di Vincent Van Gogh. Accantonai l’informazione, dopo che Van Gogh mi aveva accompagnato per circa un mese avevo bisogno di leggere altro. Ma, ovviamente, non dimenticai il consiglio e, a distanza di un anno, ho deciso di rinnovare la mia conoscenza con uno dei pittori che più prediligo.

Come l’autore stesso spiega nella nota al termine del romanzo, la storia è di pura fantasia, ma potrebbe anche essere reale. Nessuno sa cosa sia successo al pittore nell’arco di tempo tra il 14 agosto 1879 al 22 giugno 1880. E Giovanni Montanaro colma questo vuoto nella storia creandone una attendibile.

“Caro signor Van Gogh,

non sono sicura che leggerete mai questa lettera. Non so se avrò il coraggio di chiudere la busta e spedirvela. E non so neppure se vi ricordate di me, se qualcosa del mio viso, della mia voce, vi è rimasto nella memoria. Lo spero, anche perché ho l’impressione che dentro di voi ci sia qualcosa di tutti quelli che avete incontrato, di tutte le cose che avete visto, e fatto.”

Con queste parole inizia il romanzo, l’incipit della lunga lettera che Teresa Senzasogni scrive a Vincent van Gogh.

Parte dal principio, gli racconta la sua nascita, figlia di una matta che muore mettendola al mondo. Vive a Gheel, il paese giallo, una cittadina belga chiamata “il paese dei matti”, dove coloro che soffrono di disturbi mentali possono circolare con libertà, prendendo normalmente parte alla vita cittadina, un’eccezione per il 1881.

“Tutti hanno diritto a una storia, no?

Non ci sono solo i re e le regine, le prime ballerine e i proprietari dei giornali, i grandi ammiragli e i comandanti degli eserciti; per il mondo sono più importanti i seminatori, i tessitori, i minatori, quelli che bruciano le stoppie, quelli che macinano il grano, gli operai, le prostitute, le donne che passeggiano tra le siepi di pruno, i cipressi che s’incendiano al tramonto. Sono quelli che fanno il mondo. Che lo rendono meraviglioso e un po’ triste.”

 

Teresa trascorre un’infanzia serena nella fattoria della famiglia De Goos, dove instaura una particolare amicizia con Icarus, un minatore che sta conducendo delle ricerche sulla condizione di vita nelle cave.

Icarus e Teresa trascorrono insieme tanto tempo e lei impara molto da lui:

“Mi insegnava a leggere e a scrivere. Mi parlava di Shakespeare, Hugo, Zola, e delle pagine che avevano scritto. ‘Se ti senti colpita da un libro, o da qualcosa d’altro, è perché è stato scritto col cuore, con umiltà e semplicità’, diceva sempre. E io mi perdevo ad ascoltarlo.”

Un giorno ha una premonizione grazie alla quale riesce a salvare Icarus e i minatori dallo scoppio della miniera. È osannata, molti la credono una veggente, ma tutto ciò dura poco, alla fine, quando lei non accontenta le richieste dei suoi concittadini, che credono che possa prevedere il futuro, ritorna ad essere la Teresa Senzasogni di prima.

Nel frattempo, alla morte dei coniugi De Goos, è affidata alla famiglia Vanheim. La loro casa è una di quelle incaricate ad ospitare gli alienati e, sebbene Teresa non sia una di loro, decidono, in accordo con il dottor Shepper di dichiararla malata per poterle assicurare una rendita futura, che possa servirle da dote.

“A Gheel ogni famiglia ha il suo matto, finisce per affezionarglisi; per tutti è una cosa naturale, una cosa divina. Ci sono quelli che lavorano nei campi, quelli che dipingono, quelli che fanno i giardinieri e quelli che non fanno niente, quelli che sono pericolosi, e sono chiamati ‘innocenti’, e quelli che sono rinsaviti.”

È qui che Teresa incontra Vincent Van Gogh, che vagabondando per la Campine belga si ritrova per caso davanti alla casa dei Vanheim, dove viene ospitato per alcuni giorni.

“Mi sono accostata di spalle, lenta, facendo finta di non accorgermi di voi, come se avessi a che fare con un animale, come dovessi afferrare un’anatra prima che si metta a correre, o prendere una farfalla con un retino, e poi ho capito che ormai ero vicina alla finestra, non più di due metri, ho sentito gli spifferi freddi, mi hanno ghiacciato il sudore, allora mi sono voltata e per la prima volta ho visto davvero il vostro viso, i vostri occhi azzurri, i vostri capelli arancio-rossi, la carnagione pallida, le guance livide, oltre la finestra.”

Teresa è affascinata da quest’uomo cupo, silenzioso ed enigmatico, scontroso e irritabile, che non dà confidenza a nessuno e vaga solitario nella brughiera e riesce a trovare il modo per comunicare con lui, sono i colori il trade union dei due.

“E così che esiste il mondo, signor Van Gogh; è questo il suo linguaggio. È dal colore che si capisce se i frutti sono maturi, se una bocca è sana, se un merlo è una femmina o un maschio, un insetto è pericoloso, un fungo commestibile, il giorno è finito e l’acqua si può bere. Se si è felici o tristi.”

Ed è Teresa che intuisce le capacità, le potenzialità nascoste del futuro pittore e gli regala i primi colori e la prima tela su cui dipingere. Egli però scompare e Teresa non saprà più nulla di lui per dieci anni, fino a quando non lo incrocia a Saint-Rémy.

Fin qui una delizioso storia, ricca di locuzioni e immagini poetiche, con una scrittura agevole, fatta di frasi brevi ed essenziali, misurata ma mai banale. La vita di Teresa non è quella di una persona comune, ma le vicende l’accomunano a molte persone, un amore ardente  al quale scrive una lunga lettera, una di quelle

“lettere si cominciano e basta; non si ha il coraggio di mandarle per timore di essere fraintesi, di non essere capiti, di chiedere aiuto. Perché è sempre difficile, quando si ha la volontà, ma anche la paura di ricordare.”

Di qui in poi, però, la storia subisce una forte virata che mai ci saremmo aspettati prima. Teresa ci svela pian piano particolari della sua vita e del suo presente ed un epilogo decisamente imprevedibile. Alla dolcezza della prima parte seguono pagine intense e talvolta dure, estremamente ruvide, dove vengano affrontati temi seri che inducono a riflessioni profonde.

Un bel libro, magistralmente scritto, che si legge tutto d’un fiato, ma che lascia spiazzati per la sua conclusione. Un romanzo da leggere, che ha sicuramente meritato la sua posizione tra i cinque finalisti della 50° edizione del Campiello.

“Vorrei sapere tante cose che non saprò mai. Vorrei che fossero accadute cose che non saprò mai. Vorrei che questo fuoco che mi sorprende ancora, questo fuoco arancio- rosso come i vostri capelli, avesse lambito davvero le mie braccia, avesse annegato davvero il mio respiro, avesse allagato davvero questa nostalgia che ancora mi scotta.”

Frasi tratte dal romanzo, pubblicate sui miei profili Facebook e Instagram

 

 

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