LA VITA È ALTROVE di Milan Kundera

Traduttore: S. Vitale

Editore: Adelphi

Collana: Gli Adelphi

Edizione: 12

Anno edizione: 1992

Formato: Tascabile

In commercio dal: 30 marzo 1992

Pagine: 349 p., Brossura

EAN: 9788845908958

Decisamente una lettura da non affrontare sotto l’ombrellone, non è un libro semplice, va letto con calma e lentezza per poter afferrare tutta la metafora insita nel racconto e per avere la possibilità di coglierne la forza.

Protagonista è Jaromil che sin dal momento del concepimento viene definito “il poeta” dall’autore che narra la vicenda.

La mamma, delusa  dal comportamento del padre di Jaromil, che avrebbe preferito che questo figlio non nascesse, fantastica che sia nato grazie all’intervento del dio Apollo, una statuetta di alabastro che lei possiede. Una sorta di mito moderno, ricalcato sui classici della letteratura antica.

E la mamma sarà per Jaromil la figura più importante, nel bene e nel male. Lei vive e si sacrifica per lui in un rapporto simbiotico che a tratti risulterà estremamente morboso e del tutto malato.

Jaromil cresce con l’errata concezione di sé stesso di una persona fuori dal comune, con la consapevolezza di essere un poeta

_ “Sono un poeta, sono un grande poeta, dice a se stesso, e poi lo scrive anche nel diario: ‘Sono un grande poeta, possiedo una grande sensibilità, un’immaginazione demoniaca, sento quello che gli altri non sentono…’”

Ciò lo porterà, sin da piccolo, a coltivare la sua “stranezza”, non cercherà mai di avvicinarsi ai suoi coetanei, né di adeguarsi, sarà sempre felice di essere una persona sensibile, che scrive poesie e questo lo porterà a vivere una vita che oggi chiameremmo “borderline”,  si alienerà dal mondo reale.

Per compensare tutto ciò s’inventa e s’immedesima in un alter ego, che chiama Xaver, al quale fa fare tutto ciò che lui non fa, che vive la vita che lui non riesce a vivere.

“Aveva scritto una lunga prosa poetica, una sorta di racconto fantastico su un ragazzo che si chiamava Xaver. Scritto? Non proprio, aveva piuttosto sognato le sue avventure, e un giorno avrebbe voluto scriverle.

Xaver viveva in modo completamente diverso dagli altri; la sua vita era il sonno; Xaver dormiva e faceva un sogno, in quel sogno si addormentava e faceva un altro sogno.”

Sarà la storia contemporanea ad aiutare il poeta a riscattarsi dal suo anonimato. In Cecoslovacchia, infatti, scoppia la rivoluzione comunista.

Grazie alla frequentazione, voluta dalla mamma, con un pittore surrealista, Jaromil ha acquisito le basi del pensiero politico. Si iscrive al partito e qui, ripetendo parole e gesti del pittore, “scimmiottando” l’antico maestro, riuscirà a ricevere consensi. Piega alle esigenze della popolarità la sua vena poetica, sceglie di scrivere poesie più semplici, d’impatto più immediato per i più e questa sua mediocrità lo porterà agli onori della fama. Diventerà uno dei poeti di regime.

“Per tutti, oggi, quelli sono gli anni dei processi politici, delle persecuzioni, dei libri all’indice e degli assassinii giudiziari. Ma noi che ricordiamo dobbiamo portare la nostra testimonianza: non fu solo il tempo del terrore, fu anche il tempo del lirismo! Il poeta regnava a fianco del carnefice.”

 

Diventerà anche un incaricato del partito per controllare che i suoi insegnanti universitari fossero in linea con le direttive del regime, diviene quindi un delatore.

In nome della sua fede politica non solo rinnegherà le sue vecchie liriche surrealiste, ma sarà pronto a mettere nei guai la ragazza che lui frequenta. Il loro rapporto è nato per caso, ha sfruttato l’occasione che gli si è presentata davanti, un interesse ponderato. La sua posizione preminente nei confronti della ragazza gli permette di tiranneggiarla,  con lei è incostante, prepotente e talvolta manesco, ma soprattutto geloso. Da lei reclama una totale attenzione, nel loro mondo non c’è spazio per nessun’altro, neanche i familiari di lei. È l’amore di cui lui ha esperienza, non ne conosce altri, come quello che la madre ha per lui. Pretende la  stessa esclusività. Ancora una volta la fuga dal mondo reale…

Come accennato all’inizio, la lettura non è semplice, anche se la scrittura è raffinata e fluida. Kundera ha uno stile personale, quello che viene definito del “romanzo-saggio”, dove alterna la tipica narrazione romanzesca a parentesi saggistiche. In questo caso il romanzo è interrotto da salti temporali che tralasciano la storia di Jaromil per narrarci in maniera didascalica la vita di altri poeti famosi, come ad esempio Shelley, Rimbaud e Lermontov, sottolineandone le analogie con la vita del protagonista. Poeti giovani, sostenitori di una rivoluzione e con una figura materna importante e predominante nelle loro vite.

Simbolicamente prende per mano il lettore e lo accompagna nel racconto, gli si rivolge spesso direttamente, non seguendo le canoniche regole narrative, stabilendo un rapporto privilegiato, spiegando addirittura alcune scelte narrative:

“La prima parte del nostro racconto abbraccia circa quindici anni della vita di Jaromil; la quinta parte, benché più lunga, un anno appena. In questo libro, dunque, il tempo scorre con un ritmo inverso rispetto a quello della vita reale: rallenta.”

Alcune volte, però, si ha l’impressione che l’autore abbia una scarsa opinione del lettore, tanto da sentire l’esigenza di chiarire costantemente ogni situazione dei protagonisti.

Un’altra caratteristica particolare, costante in tutto il romanzo è l’uso dei nomi comuni al posto di quelli propri. Di alcuni personaggi, anche fondamentali, non ne conosciamo il nome, come ad esempio la mamma, il pittore, la fidanzata che sarà genericamente chiamata “la rossa”. Il protagonista stesso, di cui conosciamo il nome, la maggior parte delle volte viene semplicemente chiamato “il poeta”. Vi è una sorta di smaterializzazione o meglio non lo caratterizza totalmente, lo priva della sua entità reale, del suo essere, divenendo un’entità quasi astratta, diafana.

“La vita è altrove” è un titolo scelto dagli editori, Kundera lo aveva intitolato “L’età lirica”, cioè la giovinezza.

_ “In questa immagine si esprime la situazione fondamentale dell’immaturità; il lirismo è uno dei modi per fronteggiare questa situazione: espulso dal recinto protettivo dell’infanzia, l’uomo sogna di entrare nel mondo, ma poiché al tempo stesso gli fa paura, si crea coi propri versi un mondo artificiale, sostitutivo.”

 

 

“La vita è altrove”, come scrive lo stesso Kundera nella Prefazione al libro, è la celebre frase di Rimbaud, che nel maggio 1968 fu adottata dagli studenti parigini come slogan scritto sui muri della Sorbonne. È la metafora della vita di questo sedicente poeta,

“<La vita è altrove> hanno scritto gli studenti sui muri della Sorbonne, citando Rimbaud.”

La vita è altrove, non è la poesia, non è l’ universo del poeta che si estranea dal mondo esterno, non è nella fede politica, questo è ciò che vuole sottolineare Kundera. Questo senso di inafferrabilità, questa ricerca di “altro” lontano dalla quotidianità, comune a molte persone che vedono scorrere davanti a loro un’esistenza che non è quella che cercavano, che volevano, che sognavano. Il protagonista, la “vita altrove” la vive attraverso il suo alter ego, ma non è la stessa cosa, è evanescente, è sogno.

Ma del resto se non esistessero i sogni come sopravvivremmo alla realtà?

“La cosa più bella, nei sogni, è l’incontro incredibile di uomini e cose che non potrebbero mai incontrarsi nella vita comune; in sogno, una barca, può entrare dalla finestra in una stanza da letto.”

 

 

 

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