VOLEVO ESSERE UNA VEDOVA di Chiara Moscardelli

Editore: Einaudi

Collana: Einaudi. Stile libero big

Anno edizione: 2019

In commercio dal: 21 maggio 2019

Pagine: 216 p., Brossura

EAN: 9788806241353

 

“Incredibile come a un certo grado di consapevolezza ci si arrivi spesso per vie traverse. Trascorri il tuo tempo a crederne di averne molto altro. Per crescere, per cambiare, per innamorarti, per essere amata, per avere dei figli e mettere su la famiglia del Mulino Bianco. E rimandi. Posticipi la crescita, i cambiamenti, l’amore e la famiglia del Mulino Bianco. Non te l’aspettavi, non l’avevi cercata e invece eccola là: odiosa, irritante, dirompente. La consapevolezza.” 

L’incipit di questo romanzo la dice lunga…

Chiara, la protagonista, ha un lavoro che le piace, tanti amici, la passione per la scrittura che le dà parecchie soddisfazioni e compra anche una casa, ha conquistato una sua posizione nel Mondo, dovrebbe sentirsi realizzata, ma no! Lei cerca il lieto fine:

“ Incredibile come dopo tanti anni di film e libri sull’argomento non avessi imparato che certe cose succedono solo nelle favole e che il lieto fine non esiste. Almeno non nella realtà.

E non certo il lieto fine a cui aspiravo io! La dichiarazione d’amore alla fine del film, possibilmente in aeroporto, la svolta del terzo atto!”

E perché?

Avete mai provato ad essere una donna di oltre 35 anni e non avere marito e figli? L’atteggiamento del resto del mondo, è proprio quello che Chiara Moscardelli descrive nel suo romanzo. Sei un alieno in un mondo di coppie, magari tristi e infelici, ma avvinghiati come una cozza allo scoglio al loro status di mogli/mariti.

L’autrice fa un’analisi dettagliata e puntuale di quello che succede nella realtà, un’amara descrizione di come una donna, seppur appagata in tutto il resto, come ad esempio nella carriera, sarà sempre additata perché non ha un compagno e dei figli. A lungo andare anche chi non ha mai sentito il bisogno dell’allegra famiglia del Mulino Bianco si sente inferiore alle altre, non del tutto completa, perché la generazione delle quarantenni di oggi si scontra, purtroppo, ancora contro il pregiudizio.

Chiara narra alcune vicende della sua vita da single incallita e un pochino “sfigatella” con una spettacolare vena ironica che rende pienamente l’idea della vicenda.

_ “-Signora, scusi?

Mi voltai e guardai la ragazza che aveva parlato con aria interrogativa. Era seduta e aveva un libro in mano.

-Si vuole sedere?- chiese.

Cercai di incrociare il viso di una signora anziana, magari in piedi accanto a me.

No, niente.

-Si vuole sedere?- ripeté, scandendo meglio le parole.

Sarò stata pure vecchia, ma mica sorda!

-Io?- chiesi per sicurezza.

-Sì, prego, si accomodi,- e fece per alzarsi.

-Ma vaffanculo!- mi scappò e scesi di corsa dal vagone che si era appena fermato.

Che umiliazione. Ero ridotta così male?”

Ad un certo punto viene convinta da un’amica ad andare dallo psicologo, da lei soprannominato Morti,

“-Lei trova davvero consolatoria la rappresentazione che fa di sé stessa? Quella della povera sfigata che incontra solo uomini sbagliati e non se la sa cavare nella vita?

–        Be’, si!

–        Abbiamo un lungo percorso davanti a noi.”

Il percorso non è semplice e nel frattempo la sua vita va avanti, trova un uomo, si rimette in gioco, ma ancora una volta è l’uomo sbagliato, un anaffettivo egoista che non riesce a darle nulla, lui  “si sente vuoto” e succhia linfa vitale dalla protagonista. Ma ha i suoi libri, il suo pubblico, la casa da comprare e ristrutturare, la sua vita… e i suoi amici!

“Come sempre, il mio disperato bisogno di attenzioni mi aveva indirizzato verso la persona sbagliata. Era vero che per farmi felice ci voleva poco. Avevo abbassato l’asticella. E meno lui riusciva ad accontentarmi, più io l’abbassavo sperando di raggiungere il punto in cui l’asticella sarebbe coincisa con il suo grado di attenzioni. Ma era un circolo vizioso.”

Ho riso tantissimo quando descrive le telefonate con le amiche che hanno bambini piccoli.

Vi è mai capitato? Io mi ci sono ritrovata! Sul più bello, mentre state affrontando un argomento per voi fondamentale… “no, mamma…” il pupo o la pupetta di turno, vuole fare la pipì, vuole mangiare, giocare, piange, strilla, urla e…addio conversazione, non capisci più se sta parlando con te o con il figlio, diventa un discorso insensato e assurdo. Ma tu continui a sentirle lo stesso, perché vi volete bene, perché ti capiscono, nonostante le urla di sottofondo che ti stonano più delle campane del gobbo di Notre Dame. Le poverette si divincolano tra la telefonata con te e le esigenze della prole scalmanata ed il risultato è un enorme intreccio di discorsi e voci con una riuscita per nulla soddisfacente per voi, per l’amica e per i suoi pargoli. E quando chiudi la telefonata sei veramente molto, ma molto felice di non aver avuto dei figli!

Ritornando alla protagonista del romanzo, Chiara, spinta dallo psicologo si mette in gioco, cerca di crescere e di approcciarsi in modo più tangibile alla sua femminilità e sono esilaranti le pagine in cui narra la sua esplorazione in un sexy shop, l’acquisto e l’uso di aggeggi di cui non conosceva l’esistenza, figuriamoci la funzione. Oppure quando fa una ceretta brasiliana. Mi sono ricordata di quando ad una mia cara amica, che purtroppo oggi non c’è più, in occasione del matrimonio, le regalarono una ceretta total body. Quanto abbiamo riso insieme, lei era, come Chiara, scioccata, non si sentiva più lei, “Marica, mi ha tolto i peli dappertutto” mi diceva per telefono “ovunque, te lo giuro” e ridevamo come delle forsennate, con convulsioni e lacrime annesse. Rido ancora oggi nel ricordarla e mi spunta una lacrima nel pensare che oggi lei non ci sia più!

Ma ritornando alla nostra eroina Chiara, perché vi assicuro che di eroina si tratta, il suo percorso di crescita è evidente, prende consapevolezza dei suoi errori e cerca di migliorare, ma…

Se da una parte avevo capito che la vita era breve, e che il tempo non andava sprecato nelle paure, dall’altro ero ancora la stessa persona che piangeva davanti a Randy Fenoli, quello di ‘Abito da sposa cercasi’, e ai vestiti di Pnina Tornai da Kleinfeld. Ce li avete presenti? Tutti pizzi e merletti, tempestati di brillantini, scollatissimi e così stretti da fare schizzare fuori un polmone. Io vedevo le americane grasse, pasciute e contente con indosso quei vestiti lì e mi veniva il groppo in gola.”

 

È ancora legata ai vecchi schemi che non riesce totalmente a scrollarsi di dosso fino a quando, all’ennesima situazione imbarazzante in cui le viene sottolineata la sua condizione, lei non ha un colpo di genio dice che non ha marito e figli perché è vedova:

“A quarantacinque anni ero vecchia, ma in quanto vedova, invece…

-E posso chiedere come?

-Come, cosa?

-Come è morto!

-Ah!

-Se non è troppo doloroso.

-No, no, macché doloroso, è che…

-Una donna forte.

-Grazie, – risposi, e chiusi anche gli occhi. – Una caduta da cavallo…

Faceva molto Jane Austen. Bello, mi piaceva.

Era anche un modo per sottolineare che mio marito era uno sportivo, un maschio alfa, mica uno qualsiasi.

-Mi dispiace. Ma si faccia forza, ha tutta la vita davanti!

Adesso ce l’avevo davanti?

Ma se fino a poco prima sembrava che avessi un piede nella fossa!”

Potrei continuare a raccontarvi all’infinito questo bellissimo libro e a narrarvi vicende mie o delle mie amiche molto simili a quelle che ho letto, ma non vorrei farvi perdere il piacere di leggerle direttamente dal romanzo.

Chiara Moscardelli è un genio, la sua è una denuncia di ciò che una donna single è costretta a sopportare, ma lo fa con brio e spensieratezza e soprattutto con tanta ironia, con una scrittura semplice e diretta.

Un libro che tutti dovrebbero leggere soprattutto chi…s’impiccia della vita altrui facendo troppe domande e considerazioni non richieste. La protagonista ci insegna che la discrezione dovrebbe essere un valore da praticare più frequentemente perché spesso risposte ironiche e divertenti a domande indiscrete celano sofferenze non rivelate.

Bellissimo il capitolo finale, “le cose che ho imparato”, dovremmo tutti tenerlo sempre presente e che termina con questa magnifica frase

_ “La lezione più importante è proprio questa: siamo noi il nostro lieto fine, il nostro ballo di Cenerentola. Il vissero sempre felici e contenti esiste, solo che non è quello che ci hanno raccontato.

Ecco la vera favola.”

 

                                    

 

 

 

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