LA RAGAZZA CON LA MACCHINA DA SCRIVERE di Desy Icardi

Editore: Fazi

Collana: Le strade

Anno edizione: 2020

In commercio dal: 20 febbraio 2020

Pagine: 366 p., Brossura

EAN: 9788893256773

“È una  verità universalmente riconosciuta che una donna in possesso di una lunga storia abbia bisogno di una memoria adeguata.”

 

Cosa vi ricorda questo incipit? L’autrice ha volutamente iniziato con un omaggio ad una delle scrittrici più amate, Jane Austen ed il suo capolavoro “Orgoglio e Pregiudizio”. Del resto Desy Icardi ci ha abituato alle citazioni di opere famose con il suo precedente libro, “L’annusatrice di libri” [http://labibliatra.altervista.org/lannusatrice-di-libri-di-desy-icardi/], in cui sono presenti una serie di riferimenti ad altri romanzi noti, che fanno parte del bagaglio culturale di ogni lettore.

Prima di iniziare a scrivere questa recensione ho a lungo riflettuto su quale degli argomenti narrati soffermarmi, perché lo sapete, sono contraria a quelle recensioni che sciorinano tutta la trama. Sebbene sia sempre bello leggere, trovo che un libro sia oltremodo molto più interessante se non si conosca tutta la vicenda narrata.  Oltre, ovviamente, alle parola “ricordi”e “memoria”, prepotente ed insistente in questo caso è stata la parola “destino”. Sì, è, a mio parere, il destino che muove tutta la vicenda. Non sono una sostenitrice del fatalismo, ma cautamente ritengo che per quanto ognuno di noi sia l’artefice primario del proprio destino, vi sono degli eventi imponderabili che talvolta s’intromettono nella nostra volontà. Il destino, insomma, in questa storia ha sicuramente un ruolo fondamentale. A distanza di circa sessant’anni potrebbe accadere ciò che sarebbe dovuto accadere molti anni prima…

“La ragazza con la macchina da scrivere” è suddiviso in due tempi, il passato ed il presente della protagonista, ben integrati tra loro, il passaggio dall’uno all’altro non disturba assolutamente il lettore, anzi crea un gradevole elemento di suspense.  Tra l’altro l’autrice, per meglio distinguerli, utilizza due tipi di narrazione: il passato è riportato in terza persona, mentre il presente in seconda, espediente raro, che ho molto apprezzato. La seconda persona sembra quasi coinvolgere direttamente il lettore, creando una minore distanza.

La vicenda è ambientata a Torino nei primi anni Novanta, Dalia, ex dattilografa, ha avuto un piccolo incidente, un ictus che le ha cancellato la memoria a breve termine, non ricorda i due mesi precedenti quest’evento. Ma, quanto servono alla nostra memoria piccoli gesti o piccoli oggetti che hanno fatto parte della nostra vita a ricordare microscopici e giganteschi avvenimenti che l’hanno segnata? Dalia continua a ritrovarsi tra i piedi un misero oggetto d’uso quotidiano: un anellino che serviva per appendere le tende. Lo ripone, lo nasconde, arriva persino a cestinarlo, ma l’anellino ricompare, perché? Nel frattempo le accade un altro fenomeno strano: appena si siede davanti alla sua fedele compagna di una vita, la macchina da scrivere Olivetti mp1 rossa:

“Avverti un pizzicorio sprigionarsi dal centro delle mani, per poi irradiarsi lungo ognuna delle dita. Ricadi sulla sedia, la morbida imbottitura attenua l’impatto, le mani si posizionano sui tasti della macchina da scrivere quasi senza che tu te ne accorga, e la danza frenetica e misteriosa delle tue dita ha di nuovo inizio.”

 

Olivetti mp1 rossa
Foto dal web

 

 

Le sue dita scorrono veloci sulla sua vecchia Olivetti rossa e le rammentano il tempo andato, la sua precedente realtà.

“«Le dita hanno una memoria portentosa, l’importante è consentirgli di svilupparla». […]

Probabilmente quando parlava di memoria delle dita, la tua insegnante intendeva soltanto la capacità di ricordare la posizione dei tasti, ma ora nelle tue mani c’è qualcosa di più, un’abilità della quale probabilmente la signorina Pellissero non sospettava l’esistenza.”

E Dalia così ripercorre la sua vita, il passato da dattilografa, l’incontro con quello che sarà suo marito, la guerra…

Rimette insieme il puzzle della sua esistenza, ricorda di gestire una bottega d’antiquariato, “non tanto per smerciare anticaglie, quanto piuttosto per tramandare memorie”.

Dalia ha un modo particolare di gestire la sua attività:

“Che siano oggetti di pregio o soltanto ciarpame, tutti gli articoli del tuo negozio hanno un tratto comune: hanno una storia.

Avere una storia è l’unico requisito che pretendi dagli oggetti che metti in vendita, e quando qualcuno si affaccia nel negozio con dei cimeli recuperati in soffitta, per quanto essi possano essere rari o interessanti tu rifiuti di acquistarli se il venditore non è in grado di raccontarti nulla sul loro conto. Lo stesso vale per i clienti: chiunque voglia comprare un oggetto deve essere interessato alla sua storia, altrimenti niente da fare, che vada a fare acquisti in uno di quegli asettici centri commerciali, che da qualche anno spuntano come erbacce a ridosso delle città!”

A sottolineare quanto, in questa narrazione le vicende del passato e il loro ricordo siano fondamentali.

In questo libro s’intravede qua e là un tema che, da donna, mi sta particolarmente a cuore: l’emancipazione femminile. Dalia, sebbene sia indipendente economicamente perché lavora come dattilografa, deve sottostare prima alla volontà paterna e poi a quella del marito:

“<<Sicché una ragazza ha solo due alternative», esplose Ester lasciando fluire le lacrime che fino a quel momento aveva trattenuto, «rimanere agli ordini di suo padre, o mettersi a quelli di un marito? È possibile che debba sempre essere un uomo a decidere del nostro destino?».”

Ma già, nel corso della vicenda, per fortuna, si intravedono degli spiragli di quel cambiamento storico che poi repentinamente avverrà, il riscatto che le nostre nonne hanno fortemente voluto e conquistato:

 

“Le donne dovrebbero poter avere una carriera proprio come noi uomini», continuò l’implacabile bibliotecario. «Sa cosa diceva Oscar Wilde? Date alle donne occasioni adeguate ed esse potranno fare tutto.”

 

Anche se, talvolta, guardandomi intorno, mi chiedo se questa emancipazione femminile sia reale o no…

Potrei soffermarmi ancora su altri mille particolari, ma affronterò solo un ultimo dettaglio. Già nella recensione de “L’annusatrice di libri” vi avevo confidato che il mio personaggio preferito era stato l’avvocato Ferro. Non sapete quanta gioia ho provato nel ritrovarlo in questo nuovo romanzo. Personaggio sempre più positivo e sempre più adorabile. In questo libro viene illustrato più approfonditamente, conosciamo molto di più il suo carattere e la sua indole. Un uomo che ama talmente tanto la lettura da misurare la vita in pagine lette:

“L’avvocato Ferro non calcolava il tempo in ore, giorni o settimane, bensì in libri letti. […]

La vera ricchezza, a parere dell’avvocato, non consisteva nell’accumulare denaro, bensì nel risparmiare tempo per fare ciò che si ama e lui, sopra ogni altra cosa, amava leggere.”

Non nascondo che trovo geniale la sua idea di vita e ancor più l’epitaffio che avrebbe voluto sulla sua tomba, piacerebbe ad ogni lettore:

 

Morirò a centotré anni, non un giorno prima», ripeteva sovente. «Ho iniziato a leggere a tre anni, e voglio che sulla mia lapide incidano: “AVV. ADMONDO FERRO – UN SECOLO DI LETTURA”».”

Un’ultima curiosità, nel romanzo ad un certo punto Dalia riceve in regalo un libro:

“sbrogliò lo spago e strappò la carta: «JOLANDA, LA FIGLIA DEL CORSARO NERO – ROMANZO DI EMILIO SALGARI», lesse sulla copertina del libro.

Il mio primo costume di Carnevale è stato proprio quello di Jolanda, la figlia del corsaro nero, ho trovato divertente questo punto in comune con la protagonista, tra l’altro di un personaggio letterario che, almeno oggi, è poco famoso

La Bibliatra, a tre anni, con il costume di Jolanda, la figlia del corsaro nero

 

Ho letto una recente intervista rilasciata dall’autrice che mi ha resa veramente molto felice: la sua è una pentalogia sensoriale: nel “L’annusatrice di libri” era l’olfatto, in questo nuovo romanzo il tatto ed il prossimo tratterà l’udito e sarà ambientato in una biblioteca. Non ci resta che aspettare il prossimo capitolo (speriamo il prima possibile), nella speranza di ritrovare qualcuno dei personaggi che più abbiamo amato, come l’avvocato Ferro.

 

“«I libri si leggono, ma i classici si rileggono»,

obiettò Ferro.

«Ricordo la storia», protestò.

«La storia la conoscono tutti, la si può riassumere in una manciata di parole: lei è già impegnata e lui si spara. Non sono, però, gli eventi in sé a fare di un libro un buon libro. Guarda qua», disse estraendo una copia di Moby Dick da una libreria. «Conosci la storia anche di questo? Te le riassumo io: un marinaio pazzo insegue una balena. Ti pare sufficiente per descrivere la complessità di questo romanzo? Qui dentro trovi l’umanità che lotta contro i suoi stessi limiti, lo spirito d’avventura, la gioia di fare nuove scoperte».

 

Frasi tratte dal romanzo, pubblicate sui miei profili Facebook e Instagram

 

 

 

 

 

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