LA RICAMATRICE DI WINCHESTER di Tracy Chevalier

 

Traduttore: Massimo Ortelio

Editore: Neri Pozza

Collana: I narratori delle tavole

Anno edizione: 2020

In commercio dal: 16 gennaio 2020

Pagine: 287 p., Brossura

EAN: 9788854519992

Tracy Chevalier con “La ragazza con l’orecchino di perla” ha conquistato il mio cuore di lettrice e sono vent’anni ormai che leggo i suoi romanzi. Non potevo, quindi, perdermi quest’ultima sua fatica letteraria: “La ricamatrice di Winchester”. Titolo intrigante così come la copertina dell’edizione italiana: ancora una volta la casa editrice Neri Pozza ha scelto un’immagine significativa.

Prima di approcciarmi al romanzo conoscevo Winchester solo perché nella sua cattedrale sono seppellite le spoglie di Jane Austen, altra mia graditissima autrice. Mi è, quindi, sembrato un ‘segno del destino’ che il romanzo si aprisse proprio all’interno della cattedrale. Ed è  proprio questo luogo ad essere il perno su cui ruota tutta la vicenda narrata nel romanzo, edificio simbolo, in cui la protagonista si rifugia.

Ma procediamo per gradi. Nell’Inghilterra degli anni ’30 Violet Speedwell è una donna di trentotto anni, la ‘Grande guerra’, che ha mietuto migliaia di vittime, ha segnato in maniera profonda la sua vita e ne ha cambiato il corso degli eventi: Violet ha perso fratello e fidanzato. La morte del fratello ha definitivamente indurito il carattere di una madre di per sé già poco amabile e quella del fidanzato l’ha relegata nell’infelice posizione di “Donna in eccedenza”.

“ Ma non era facile conoscere uomini liberi in quegli anni, perché i maschi adulti erano due milioni in meno delle femmine. ‘Donne in eccedenza’, così venivano chiamate quelle rimaste nubili a causa della guerra e che difficilmente si sarebbero sposate, una minaccia, anzi una vera tragedia, per una società basata sul matrimonio. I giornalisti avevano coniato quell’etichetta, che equivaleva quasi a un marchio d’infamia per chi la portava.”

La vita a  Southampton le va stretta, soprattutto a causa dell’insopportabile madre, ma anche perché ormai nella sua vita la solitudine ha preso piede, d’altronde

“Col tempo, assorbite dalla vita familiare le sue amiche avevano dovuto rinunciare al tennis, al cinema e alla sala da ballo, e pian piano Violet aveva smesso di frequentarle.”

E qui apro una breve parentesi, potrebbe essere una lunga dissertazione, ma mi limito solo a dire che ahimè, un secolo dopo, molto spesso succede la stessa cosa, rare sono (ma per fortuna ci sono!) quelle donne che, una volta costruitesi una famiglia, riescono a dedicare del tempo alle amiche di gioventù… tante lotte e tante pene per guadagnarci un’indipendenza e un’identità e poi, basta poco per ricadere in atavici usi stereotipati!

Ritornando al romanzo, Violet coglie la possibilità di trasferirsi a Winchester, grazie all’apertura di una nuova sede della compagnia di assicurazioni per cui lavora come dattilografa. Questo trasloco è per lei una nuova chance, un’opportunità per rifarsi una vita. Ma l’indipendenza non è semplice, per la prima volta è costretta a mantenersi col solo stipendio per cui sarà obbligata a continue rinunce, anche di cibo. Ma è la solitudine il suo problema più rilevante. Trova tranquillità visitando spesso la Cattedrale

“Era la cattedrale stessa a  emozionarla, il pensiero delle migliaia di persone  che vi si erano recate nel corso dei secoli per meditare sulle grandi questioni della vita e della morte, lasciando fuori le cure della vita quotidiana.”

[…]

“Con la coda dell’occhio percepiva la vastità della navata, ma attorniata dalle voci eteree dei bambini si sentiva al riparo da quel vuoto smisurato che a volte minacciava di sopraffarla. E certe sere piangeva, sommessamente, per non farsi notare.”

Per caso s’imbatte in una particolare funzione religiosa, la donazione dei cuscini da parte dell’associazione delle ricamatrici della cattedrale, ispirata a una gilda medievale. Fondata dalla signorina Louisa Pesel e diretta con grande passione dall’inflessibile signora Biggins. Louisa Pesel e l’associazione, ce lo dice l’autrice stessa, sono realmente esistiti.

Violet s’innamora di quei cuscini e chiede di entrare a far parte del circolo

“Le sarebbe piaciuto fare un cuscino, e non solo per alleviare il dolore alle ginocchia dei fedeli. Un cuscino per il presbiterio, se possibile, e che durasse a lungo, anche dopo la sua morte. Nel corso dei secoli, altri avevano intagliato gli stalli del coro, ricavato statue di marmo, eretto colonne possenti, composto i vetri colorati delle finestre, rendendo sempre più bella la cattedrale. Violet voleva fare la stessa cosa. Sapeva che difficilmente avrebbe avuto figli, e se voleva lasciare traccia di sé nel mondo doveva trovare un altro modo. Un cuscino era una piccola cosa, ma sempre meglio che niente.”

Impara la difficile arte del ricamo, che per lei

“era diventato una specie di ossessione. Aveva preso di nascosto un vecchio portaaghi di sua madre e lo teneva sempre in borsa, con tutto l’occorrente per poter lavorare ovunque si trovasse, in ufficio durante le pause, e la domenica sul treno da e per Southampton. Dopo cena si sedeva a ricamare in salotto, ascoltando i programmi radiofonici.”

E nel frattempo stringe amicizia con le altre associate, in particolare con Gilda, una ragazza vivace ed estroversa. Su quest’ultima circolano pettegolezzi tra le ricamatrici, Violet

“Neppure lei aveva le idee troppo chiare, ma le suscitava un senso di oppressione la mentalità gretta, che traspariva dalle ciarle delle sue colleghe. Forse aveva solo bisogno di conoscerle meglio.”

Gilda, poi, le presenta Arthur il campanaro dagli occhi azzurri. Due incontri che cambiano la vita della protagonista. Ma ad un certo punto si abbatte su di lei una nuova tragedia: la mamma ha un malore, lei corre ad assisterla e potrebbe rimanere imbrigliata nella rete della famiglia per il resto dei suoi giorni. È quello che ci si aspetta da lei: la zitella di famiglia che si occupa dei genitori malati, abbandonando lavoro, amici e divertimenti.

Cosa succede a Violet Speedwell? Non posso andare oltre, vi dico che per me certe scelte sono state dei colpi di scena inaspettati.

Ho apprezzato il  tributo a Jane Austen, del resto era d’obbligo per un’autrice, parlando della cattedrale dove è sepolta:

“Era in anticipo, ma invece di andare, come al solito, a guardare i cuscini nel presbiterio, proseguì fino alla tomba di Jane Austen. La nuda lapide sul pavimento non citava neppure la sua attività di scrittrice, e solo in seguito era stata aggiunta una targa di ottone per onorarle la fama. Jane Austen non viveva a Winchester, era venuta in cerca di una cura per la grave malattia che l’affliggeva, e non era più tornata a casa. La famiglia aveva pagato affinché fosse sepolta all’interno della cattedrale. Aveva quarantun anni quando era morta, senza marito, né figli, con accanto solo la sorella. Violet non aveva neppure quella certezza e di sicuro non sarebbe stata ricordata per le sue opere. Aveva tre anni in meno, ma rischiava di scomparire senza lasciare traccia.”

Il romanzo è piacevole, ben scritto, con bellissime descrizioni, soprattutto della cattedrale di Winchester. I temi trattati sono molteplici e profondi, ma sinceramente mi aspettavo qualcosa di più da Tracy Chevalier. In primo luogo si sarebbe potuta addentrare più approfonditamente nelle tematiche affrontate, resta, invece, tutto molto superficiale. Alcune vicende, come quella dello stalker, sinceramente le ho trovate inutili ai fini dello svolgimento della trama. Sebbene interessante, ritengo si sia dilungata troppo sulla tecnica dei campanari. Ma, soprattutto, non ho ritrovato la ‘potenza narrativa’ caratteristica della scrittura della Chevalier. Un romanzo con un’enorme potenziale, che a mio parere non è riuscito ad evolversi nella giusta direzione.

Pur sempre una buona lettura da poter fare sotto l’ombrellone, nell’attesa di un ritorno alle origini della scrittrice.

“ Continuare a vivere, senza lasciare che le disgrazie facessero di te una persona rancorosa e intransigente, era questa, in fondo, la vera prova da superare.”

 

Frasi tratte dal romanzo, pubblicate sui miei profili Facebook e Instagram

 

 

 

 

 

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